Lug 6, 2013 - Briciole    7 Comments

Rimembranze e perplessità

 

Passeggiando sotto i portici del mio paese, mi è caduto l’occhio su una vetrina e, come spesso accade, a tradimento, sono stata assalita dai ricordi.

A scatenare l’onda della memoria, un paio di comunissime ciabatte di plastica, che però racchiudono un mondo. E me ne hanno spalancato un altro. Non è facile, lo so, seguire le mie associazioni di pensiero, ma cercherò di spiegare.

Dunque, partiamo dal ricordo: la tenuta estiva di mio nonno. Ci sarebbero da scrivere pagine e pagine su questo personaggio: l’ho sempre sentito definire un originale, che poteva, di volta in volta, stare a significare solitario, scontroso, indipendente, egoista, un tantinello stronzo, diciamolo pure… una razza, insomma, che mio padre ha con sua grande gioia interrotto, generando due femmine (e deve essere per quello che ha celebrato tanto gaudio, omaggiandoci di nomi di imperatrici e zarine).

Tenuta estiva, dicevo; come ho velocemente scritto anche su FB, canottiera beige o bianca a costine, su cui portava una camicia a manica corta, quadrettata; bermuda nocciola con cintura di corda; calzino bianco e loro: le ciabatte di plastica traforata. In questa tenuta ho l’immagine di mio nonno che, diritto e marziale, in silenzio, cammina veloce lungo la spiaggia di Cesenatico: avrebbe dovuto essere una passeggiata, ma la sua energia me la rese un arrancare, oscillando tra  l’ammirazione per la sua tempra e la vergogna per il mio poco fiato… Un bel ricordo, perché in fondo è lui, come era e come è stato fino all’ultimo: acciaio e azzurro; carattere chiuso, di poche parole, con una vita di viaggi e lavori durissimi lontani dall’Italia, che distillava in rari e scarni  racconti…

Le ciabatte in questione non le portava solo mio nonno; erano le ciabatte “dei vecchi”, quando io ero bambina. E adesso fanno mostra di sé nei negozi a la page del villaggio, a prezzi francamente imbarazzanti per un paio di etti di plastica… sono moderne. Di più: sono cool! Di tendenza!index.jpg

C’è un terzo passaggio: dopo il ricordo; dopo essermi resa conto che un oggetto alla moda mi fa inorridire- e mai ci spenderei un centesimo –  c’è un dejavù. Anche questo legato ad un mio avo: la nonna materna, nella fattispecie.

Quando negli anni Ottanta nacque la moda delle camicie portate fuori dai pantaloni, ebbi discussioni animate con mia nonna, cresciuta in un’epoca in cui la camicia fuori  non si sarebbe mai e poi mai portata da parte di una persona perbene… poveracci e poco di buono non rispettavano le regole del vestire… e lei vedeva le sue nipoti allegramente “in pataja” (pressochè intraducibile, ma che significa, nel nostro dialetto, mezzo svestito).

In pratica, per chiudere il discorso, mi ritrovo nella stessa posizione di mia nonna, che inorridiva di fronte ai barbari usi della gioventù, giudicandoli in base alla sua formazione ed esperienza – ormai superata dalla modernità! Non riusciva a trovare bello ciò che per noi lo era. Guardo le ciabatte galeotte della rimembranza… d’accordo, è ufficiale: ho fatto il giro di boa. Sono  vecchia. Di testa. Però voi, care mie, siete proprio brutte! 🙂

Giu 24, 2013 - Briciole    2 Comments

Libere associazioni di pensiero…

“Dopo l’ennesima rissa televisiva in un talk show alcuni giorni fa, è in corso una riflessione sul dilagare della volgarità sui media e social nw… C’è però chi dice che il numero delle parolacce continua ad essere irrilevante in proporzione alle altre, solo che queste attraggono l’attenzione. Voi che dite? avete la percezione che la volgarità sia in aumento o no?”…

Ascoltavo la radio, oggi, con la testa (quasi) vuota e in vacanza… tanto cielo azzurro, tanti gabbiani da seguire in volo, e rondini… devo fare il pieno perchè ero veramente in astinenza…

Comunque… Ho sentito questa domanda lanciata dallo speaker di Virgin Radio, e mi è venuto in mente un pezzo del libro che sto leggendo in questi giorni: I Miserabili di Victor Hugo.

E’ uno di quei grandi classici che ancora mancavano alla mia lista e, dopo avere visto l’ultimo film colossale, ho deciso che era ora di riempire la lacuna.

E’ un libro immenso; un vero capolavoro che mi ha conquistato fin dalle prime righe… certo impegnativo, densissimo di descrizioni, introspezioni, digressioni… ma come sempre è impressionante leggere in parole scritte quasi duecento anni fa pensieri che centrano in modo permanente sentimenti, piccolezze o grandiosità ancora vive oggi.

E c’è una parte che veramente mi ha fatto sorridere, e mi ha lasciato ammirata, sulle parolacce… e su come si possa grandiosamente passare alla storia grazie ad una sola, ben assestata – e spiegata – volgarità.

Quando quella legione non fu più che un manipolo, quando la loro bandiera non fu più che un brandello, quando i loro fucili senza munizioni non furono più che bastoni e il mucchio dei morti fu più grande del gruppo dei vivi, vi fu fra i vincitori una specie di terrore sacro, intorno a quei sublimi moribondi, e l’artiglieria inglese, riprendendo fiato, tacque. Fu una specie di tregua.[…] Quei combattenti avevano intorno ad essi come un formicolio di spettri, profili d’uomini a cavallo, nere sagome di cannoni, mentre attraverso le ruote e gli affusti scorgevano
il cielo ormai sereno;[…] Poterono sentire nell’ombra crepuscolare che venivan caricati i cannoni, mentre le micce accese, simili ad occhi di tigre nell’oscurità, formavano un cerchio intorno alle loro teste e tutti i cannonieri delle batterie inglesi s’avvicinavano ai cannoni; ed allora, commosso, tenendo sospeso su quegli uomini il minuto supremo, un generale inglese, Colville secondo alcuni, Maitland secondo altri, gridò loro: «Arrendetevi, valorosi francesi!» Cambronne rispose: «Merda!» […]

Colui che ha vinto la battaglia di Waterloo non è Napoleone messo in rotta, non è Wellington, che alle quattro ripiega e alle cinque è disperato, non è Blücher che non ha affatto combattuto; colui che ha vinto la battaglia di Waterloo è Cambronne. Poiché fulminare con una parola simile il nemico che v’uccide, significa vincere.
[…] La parola di Cambronne fa l’effetto d’una frattura: la frattura d’un petto per lo sdegno, il soverchio dell’agonia che esplode.Chi ha vinto? Wellington? No, perché senza Blücher era perduto. Blücher non avrebbe potuto finire. E quel Cambronne, quel viandante dell’ora estrema, quel soldato ignorato, quell’infinitamente piccolo della guerra sente che lì v’è una menzogna e, straziante aggiunta, una menzogna in una catastrofe; nel momento in cui esplode di rabbia, gli offrono quella derisione che è la vita! Come fare a non scattare? […]

[…] ora resta soltanto Cambronne; rimane solo, a protestare, quel verme. E protesterà. Cerca allora una parola, come si cerca una spada, gli viene la bava alla bocca e quella bava è la parola. Al cospetto di quella vittoria prodigiosa e mediocre, davanti a quella vittoria senza vittoriosi, quel disperato si erge ritto; ne subisce l’enormità, ma ne constata la nullità; fa più che sputarle addosso e, sotto l’oppressura del numero, della forza e della materia, trova un’espressione all’animo: l’escremento.” (VICTOR HUGO,  I Miserabili, ed. elettronica Liber LIber, pagg. 558-559).



Giu 10, 2013 - Briciole    5 Comments

Facendo il punto…

Penso che questa confusione di blog e fogli vari sia lo specchio di come mi sento e di come vivo questa trasferta.

I “volantini” su Smore sono uno dei modi in cui vivo la Cina: un po’ turista, un po’ osservatrice, un po’ paesanotta spaesata…

Il blog è un “luogo” più personale, più privato, che ha risentito di tutto il marasma mentale precedente alla partenza.

 Ci ho messo un anno a digerire e decidere; e durante questo periodo ho scribacchiato, sempre con  i pensieri attircigliati attorno ad un unico chiodo. Dicevo e non dicevo; pensavo, almanaccavo, e me la facevo sotto…

Quando, poi, mi sono trovata effettivamente al di là della Muraglia, a cose fatte, mi è tornata la voglia di scrivere, di leggere le voci amiche, di curiosare… e la censura ci ha messo del suo nel farmi sentire la mancanza di questo pezzo di me.

Così ho cercato un compromesso – vedi Smore e i suoi volantini…

Ma in realtà, il posto che sento più mio, per scrivere, è questo; dove posso lasciare quello che sento, le paturnie, le associazioni di pensieri, le piccole soddisfazioni, gli scribacchiamenti. I volantini, come dicevo, sono una specie di reportage, un diario di viaggio, un pezzo di strada, una parentesi (?) e voglio tenerlo separato.

Schizofrenia? Confusione? Indecisione… può darsi, ma sono così, portate pazienza.

Mag 16, 2013 - Chinese life    2 Comments

From China – Post. n.6

Ecco… così davvero dovrebbe essere raggiungibile senza problemi.

https://www.smore.com/sdnw-gea-in-trasferta

Come sottotitolo al post, potrei aggiungere che la visita, in se’ una delle tante gite che si possono fare qui, è stata particolarmente bella e gradita perchè arrivava dopo una settimana veramente down…

Prima o poi, è fisiologico, c’è il momento delle paturnie… se non non sarei io. Se poi per una settimana piove a dirotto e il mondo intorno è grigio…

Poi, per fortuna, un poco si spolverano i pensieri, un poco ci sono i luoghi zen, coisì si riprende a respirare:-)

A presto!

Mag 6, 2013 - Chinese life    1 Comment

From China… (post n.5, in verità).

Inizialmente avevo pensato di lasciare in sospeso questo blo, anche a causa delle difficoltà di connessione. Adesso, però, le cose sono cambiate, quindi comincerò a postare i link alle nuove pagine anche da qui… spero di non fare troppi pasticci.

So… let’s start…

 

https://www.smore.com/8zwu-gea-in-trasferta

Pagine:«1234567...33»