Lug 4, 2007 - Senza categoria    3 Comments

Poesia e musica

Questa è una di quelle che preferisco…    
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Non tutti son capaci di cantare

E non a tutti è dato di cadere

Come una mela, verso i piedi altrui.

È questa la più grande confessione

Che mai teppista possa confidarvi.

Io porto di mia voglia spettinata la testa,

Lume a petrolio sopra le mie spalle.

Mi piace nella tenebra schiarire

Lo spoglio autunno delle anime vostre;

E piace a me che mi volino contro

I sassi dell’ingiuria,

Grandine di eruttante temporale.

Solo più forte stringo fra le mani

L’ondulata mia bolla dei capelli.

È benefico allora ricordare

Il rauco ontano e l’erbeggiante stagno,

E che mi vivono da qualche parte

Padre e madre, infischiandosi del tutto

Dei miei versi, e che loro son caro

Come il campo e la carne, e quella pioggia fina

Che a primavera fa morbido il grano verde.

Per ogni grido che voi mi scagliate

Coi forconi verrebbero a scannarvi.

Poveri, poveri miei contadini!

Certo non siete diventati belli,

E Iddio temete e degli acquitrini le viscere.

Capiste almeno

Che vostro figlio in Russia

È fra i poeti il più grande!

Non si gelava il cuore a voi per lui,

Scalzo nelle pozzanghere d’autunno?

Adesso va girando egli in cilindro

E portando le scarpe di vernice.

Ma vive in lui la primigenia impronta

Del monello campagnolo.

Ad ogni mucca effigiata

Sopra le insegne di macelleria

Si inchina da lontano.

Ed incontrando in piazza i vetturini

Ricorda l’odore del letame sui campi,

Pronto, come uno strascico nuziale,

A reggere la coda dei cavalli.

Amo la patria. Amo molto la patria!

Pur con la sua tristezza di rugginoso salice.

Mi son gradevoli i grugni insudiciati dei porci,

E nel silenzio notturno l’argentina voce dei rospi.

Teneramente malato di memorie infantili

Sogno la nebbia e l’umido delle sere d’aprile.

Come a scaldarsi al rogo dell’aurora

S’è accoccolato l’acero nostro.

Ah, salendone i rami quante uova

Ho rubato dai nidi alle cornacchie!

È sempre uguale, con la verde cima?

È come un tempo forte la corteccia?

E tu, diletto,

Fedele cane pezzato!

Stridulo e cieco t’hanno fatto gli anni,

E trascinando vai per il cortile la coda penzolante,

Col fiuto immemore di porte e stalla.

Come grata ritorna quella birichinata:

Quando il tozzo di pane rubacchiato

Alla mia mamma, mordevamo a turno

Senza ribrezzo alcuno l’un dell’altro.

Sono rimasto lo stesso, con tutto il cuore.

Fioriscono gli occhi in viso

Simili a fiordalisi fra la segala.

Stuoie d’oro di versi srotolando,

Vorrei parlare a voi teneramente.

Buona notte! buona notte a voi tutti!

La falce dell’aurora ha già tinnito

Fra l’erba del crepuscolo.

Voglio stanotte pisciare a dirotto

Dalla finestra mia sopra la luna!

Azzurra luce, luce così azzurra!

In tanto azzurro anche morir non duole.

E non mi importa di sembrare un cinico

Con la lanterna attaccata al sedere!

Mio vecchio, buono ed estenuato Pégaso,

Mi serve proprio il tuo morbido trotto?

Io, severo maestro, son venuto

A celebrare i topi ed a cantarli.

L’agosto del mio capo si versa quale vino

Di capelli in tempesta.

Ho voglia d’essere la vela gialla

Verso il paese cui per mare andiamo.

MEMORIE DI UN MALANDRINO – Sergej Esenin

Poesia e musicaultima modifica: 2007-07-04T20:40:00+02:00da gea.71
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3 Commenti

  • Bellissima! Un saluto anche a te con abbraccio e, a presto. Ilia

  • … ed i miei che non sanno di avere un figlio che compone versi…
    (l’effetto pelle d’oca c’è stato anche oggi…)
    Un bacio Gea (non dirlo a Geo…),
    thewasteland

  • Buona domenica di una giornata d’estate,
    e che i raggi sole possano scaldare i cuori
    per dare ancor più amore.

    Ciao da Giuseppe.