Mi piace scoprire nei miei figli qualità che non ho mai avuto… Anche se facciamo litigate da orbi, intimamente penso che saranno più corazzati di me di fronte a certe avversità – o a certe persone.
Il più piccolo, a due anni e mezzo, è molto parsimonioso con le parole; come un piccolo straniero usa nomi – anche se è ottimistico definirli tali – e verbi all’infinito; stop. E dei nomi spesso solo le prime sillabe storpiate; di chiaro e distinguibile c’è babbu e mamma, ciucciu, cacca – che non penso abbia bisogno di traduzioni;-) – poi cocchi – i biscotti – tota – che sarebbe la torta, non importa di che genere e vari.
Bene; noi , volenti o nolenti ci siamo adattati, nel senso che gli parliamo normalmente, senza bamboleggiamenti ma non siamo preoccupati di questa pigrizia; le tate dell’asilo, invece, lo incalzano continuamente, al punto da rifiutargli l’acqua, ad esempio, quando lui non dice chiaramente la parola… Così, l’altro giorno gli hanno chiesto se volesse torta o biscotti – due parole che dice tranquillamente – ricordandogli che doveva “dire” quale delle due, “altrimenti niente”… E lui cosa ha fatto? Le ha guardate, ha ascoltato un po’, ha borbottato tra sè e se ne è andato da solo a giocare nel salone… mentre i compagni continuavano a banchettare.
Le insegnanti me lo raccontavano sconsolate… e io me la ridevo sotto i baffi. Non ce l’abbiamo ancora fatta a prenderlo di petto; per quanto sia mammone, coccolone e affettuoso, quando si impunta è disposto anche a rimetterci, ma non cede, non piange e non implora, va avanti per la sua strada…